FRATTAMAGGIORE. “Φυγάς: esule e rifugiato. Una parola antica per i nostri tempi”. E’ il tema dell’incontro di studi che si terrà venerdì 6 ottobre (ore 17,30), presso la sala Consiliare del Comune, che rientra tra le molteplici attività culturali programmate ogni anno dall’Associazione ex alunni del Liceo Classico e delle Scienze Umane “F. Durante” e dell’Associazione italiana di Cultura Classica, Delegazione di Frattamaggiore, presieduta dalla professoressa Teresa Maiello.
La conferenza sarà curata dalla professoressa Giusy Capone (docente di lingue e letterature antiche e giornalista), che sottolinea:
“Esuli”, “profughi”, “apolidi”, “rifugiati”: categoria eterogenea, faticosamente definibile dal punto di vista giuridico. “Esule”, “profugo”, “rifugiato”, infatti, sono parole effettivamente affatto dissimili nel significato e per molti dei parlanti le lingue moderne perfettamente sovrapponibili.
La definizione della circostanza di chi, susseguentemente a conflitti bellici o conseguentemente ad aspre diatribe politiche interne, si trova obbligato, talora a dispetto del suo intimo sentire, a lasciarsi alle spalle casa, vie, abitudini, il suo “piccolo mondo” è interiormente ancipite, dal momento che discende dal punto di vista dell’osservatore.
L’”esule” è colui che abbandona la sua patria; l’“apolide” è colui che non possiede la cittadinanza di alcun Paese; il “rifugiato” è colui che è approdato in un “porto sicuro”, sperimentando l’ospitalità. La formalizzazione del concetto di “rifugiato” è recente.
Nel diritto internazionale, i rifugiati sono coloro che possono palesare uno spavento giustificato di persecuzione per gruppo etnico d’appartenenza, professione religiosa, cittadinanza, idee politiche.
Ciò recita l’articolo 1 della Convenzione di Ginevra relativa alla condizione di rifugiato, firmata da 144 stati contraenti nel 1951. Trattasi di un documento miliare, istituente esplicitamente la figura del “rifugiato” e disponente il principio del non-refoulement: nessun rifugiato può essere respinto verso un Paese che ne mette a repentaglio la sicurezza, la libertà e la vita.
Tentativi di circoscrivere lo status di “rifugiato”, tuttavia, si datano fin dal principio del XX secolo, a seguito della moltiplicazione di profughi determinata dalla disintegrazione degli imperi russo e turco. Ciononostante, laddove in origine gli accordi internazionali si riferivano, in modo precipuo, a specifici gruppi di rifugiati come i russi, gli armeni o i rifugiati tedeschi provenienti dalla Saar, la condizione pietosa creatasi all’epoca della 2^ guerra mondiale incitò la comunità internazionale a concepire accordi internazionali di più ampio respiro e dalla cifra generale, ambenti a preservare il movimento dei rifugiati ed a rispondere all’istanza indifferibile di reinsediamento di milioni di displaced persons.
Oggi, che senso ha discorrere di esuli e rifugiati nella Grecia antica se la formalizzazione del concetto di rifugiato risale al XX secolo?
L’atto di imprimere l’etichetta di “rifugiati” a gruppi di esuli o ad individui celebri dell’antichità greca potrebbe levarsi quale anacronistica. In realtà, i Greci erano ben consci della realtà del fenomeno dell’esilio e delle sue ripercussioni, assaporarono nel corso del tempo differenti situazioni che cagionarono l’esodo di rifugiati, articolarono deliberazioni per l’accoglienza al fine di sostenerli e conciliarono loro una cura preferenziale se comparata con quella normalmente riservata agli ordinari migranti”.
IL PROGRAMMA DEL CONVEGNO