Lo stupro e le radici antiche

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La terribile vicenda di Caivano e ancora prima quella di Palermo e gli innumerevoli episodi di violenza alle donne sono al centro di riflessioni che impegnano studiosi, politici, psicologi, sociologhi e tanti altri.

Intendiamo dare il nostro contributo a questa discussione riproponendo un articolo de La Repubblica 31 marzo 2009.

Poetica dello stupro

Nella Grecia antica

Quei cattivi maestri di una volta

di Maurizio Bettini

In Grecia era diventato un genere letterario. Poetica dello stupro, così si intitola un saggio recente dedicato al teatro di Menandro.

Nelle commedie antiche, infatti, ricorre spesso questa vicenda: di notte, durante una festa e sotto l´influsso del vino, un giovane violenta una ragazza e la mette incinta. Le circostanze della violenza sono fondamentali, perché mostrano che l´atto non intendeva ledere l´onore del kúrios “signore” della donna, il suo tutore maschile. Una ragazzata, insomma, che finiva con le nozze fra i due giovani.

Quanto avrà influito, questa “poetica dello stupro”, sulla nostra cultura, facendoci sembrare rimediabile la violenza maschile? E trasferendo in noi l´idea che stuprare una donna corrisponda più ad un´offesa recata al suo “signore”, che non a lei?

E poi ci sono gli dei. La mitologia greca pullula di divinità che si dedicano a violentare donne. Per la verità, in Grecia la cosa scandalizzava almeno gli spiriti più illuminati, come Pitagora o Senofane. Possibile però che non si sia mai levata una voce femminile per raccontare la sofferenza e l´umiliazione dello stupro?

Un caso almeno c´è, e sta nello Ione di Euripide, di cui la BUR ha appena pubblicato una bella edizione curata da Maria Serena Mirto. Il fulcro sta nella violenza che Creusa, principessa ateniese, aveva subito un dì da parte di Apollo. Per troppo tempo la donna ha taciuto, ma adesso dichiara: “figlio di Latona, voglio gridare il mio biasimo per te, qui alla luce del giorno!”. Ciò che segue è il racconto di una fanciulla trascinata dal dio nel fondo di una grotta. Ma la conclusione più netta la trae Ione, il figlio di quella violenza: “non è giusto chiamare malvagi gli uomini, che imitano queste belle imprese degli dei. Malvagi sono piuttosto i nostri maestri“.

E di cattivi maestri, purtroppo, in giro ce ne sono ancora tanti.

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