Ho partecipato con grande piacere e vivo interesse all’incontro organizzato dalla parrocchia di Sant’Antonio di Caivano ‘In memoria di Mons. Mugione’ per ricordare che, nel significato etimologico, è un riportare nel cuore, a tre anni dalla sua scomparsa, un nobile Uomo di Chiesa: Sacerdote, Missionario, Vescovo, mite nei modi ma forte nell’amore per DIO e il prossimo.
L’incontro, moderato in maniera impeccabile dal giovane viceparroco Don Antonio Natale, ha offerto l’occasione per la presentazione del testo di Don Franco Donadio, professore emerito di storia della filosofia presso l’università di Napoli, ‘Sulle virtù teologali’ Arcobaleni dell’anima, dedicato ‘alla cara e fraterna memoria di sua Eccellenza Andrea Mugione arcivescovo di Crotone e Benevento e ha visto la partecipazione del sindaco di Caivano Enzo Falco, di Mons. Fernando Angelino, del docente di scienze religiose prof. Gianpaolo Bortone e del vescovo di Aversa sua Eccellenza Angelo Spinillo.
Accanto ai familiari di Mons. Mugione erano presenti alcuni presbiteri come i fratelli Don Andrea e Don Antonio Della Gatta, di Caivano, ma per lungo tempo operanti presso la casetta di Nazareth a Casapesenna e Mons. Angelo Crispino, di Frattamaggiore, molto conosciuto nella zona: egli infatti ha ricoperto sia il ruolo di preside della scuola annessa al seminario diocesano di Aversa, sia quello di presidente del 27esimo distretto scolastico di Frattamaggiore, con cui tutto il mondo della scuola della zona ha avuto stretti rapporti, e che, dotato di ottime capacità organizzative, ha molto ben operato, in perfetta sintonia con tutti i dirigenti scolastici, per far sì che gli istituti del 27esimo distretto di Frattamaggiore fossero il fiore all’occhiello della scuola napoletana.
Presenti anche figure istituzionali come il deputato del collegio l’on. Pasquale Penza e amministratori locali, ma soprattutto molti parrocchiani ed estimatori sia del compianto vescovo Mugione che dell’autore Don Franco Donadio.
Avevo letto in anteprima il testo, gentilmente donatomi da Don Franco, lieta sia per la bella dedica ‘all’Amica preside Franca Falco, nel comune ricordo/rimpianto di persone vive tuttora in noi per affinità elettiva. Affettuosamente Franco ’ sia per essere stata accomunata nel ricordo/rimpianto del Vescovo Mugione, con cui ho avuto una grande affinità elettiva fin dalla fanciullezza, come già ho avuto modo di dire in un precedente scritto.
Colpita dallo spessore non solo religioso, ma anche culturale dell’evento, nonché dalla valenza dei vari relatori ho ritenuto doveroso presentare una sintesi puntuale dei vari interventi, che richiederà tempo, attenzione e concentrazione in coloro che si apprestano a tale lettura.
All’introduzione del vice parroco, che ha rivolto a tutti i presenti un saluto e un ringraziamento per la partecipazione in ricordo di una persona che è stata trascurata pur non essendo trascurabile, è seguita, accompagnata da un sottofondo musicale, una rassegna fotografica di tutta l’esistenza di Mons. Mugione, dall’adolescenza in seminario alle tappe più importanti della sua vita di Uomo di Chiesa: l’ordinazione sacerdotale, la missione in Venezuela e le varie ordinazioni episcopali di Cassano Jonio, Crotone e Benevento.
Prende poi la parola il Sindaco, che, riconoscendo nella figura di sua Eccellenza Mons. Mugione un cittadino che ha dato lustro a Caivano, rende nota l’intenzione dell’amministrazione comunale di intitolare a Lui la piazza antistante la chiesa di Sant’Antonio, già piazza Plebiscito.
Segue l’intervento di Don Fernando Angelino, che ha conosciuto Mons. Mugione sin dai primi passi del suo cammino nel ministero sacerdotale, perché entrambi parrocchiani della stessa chiesa.
Mi sia consentito, a questo punto aprire una parentesi ed esprimere una personale riflessione dettata dalla mia età alquanto avanzata, dalla mia residenza a pochi metri dalla chiesa di San Antonio e dalla mia militanza, fin dagli anni 40 del secolo scorso, nell’Azione Cattolica della parrocchia, che fanno sì che io sia la memoria storica della chiesa, memoria che, per dirla con Don Franco ‘non può essere sostituita dagli smartphone’.
Ritengo che la nostra parrocchia abbia avuto una particolare benedizione da Dio, che ha voluto che nel raggio di circa 300 metri fiorissero ben sei vocazioni sacerdotali: Don Fernando Falco (deceduto da qualche anno) e Don Fernando Angelino a via Diaz, Don Andrea Mugione a via Marconi, Don Vincenzo Marino a via Mazzini, Don Giuseppe Liguori, residente a via Mazzini al suo ingresso in seminario ed infine Don Antonio Natale a via IV novembre.
Nel suo intervento Don Fernando Angelino ha sostenuto che Mons. Mugione appartiene a quella schiera di Vescovi, che, con la loro vita, hanno dato testimonianza dell’amore per Cristo illuminato dalle virtù teologali: la fede che ci fa conoscere Cristo nel fratello, la carità che ce lo fa amare, la speranza che ci fa trasformare un sogno in realtà.
In una società che ha anestesizzato la sofferenza e globalizzato l’indifferenza, la carità deve offrire un servizio disinteressato ed imporre ad ogni cristiano un impegno che non si esaurisce col dare risposte ai bisogni dell’umanità, ma deve spingerci a condividere la sofferenza degli altri.
Per Don Fernando Angelino questo messaggio di carità, rappresentato dalla metafora del Buon Sammaritano, veicolato con intelligenza, convinzione, passione da Don Franco Donadio è stato attuato e rafforzato da Mons. Mugione in tutta la sua vita che è stata un dono d’amore.
Nel suo intervento il prof. Bortone è partito dall’ esegesi del sottotitolo del testo ‘Arcobaleni dell’anima’, dove l’arcobaleno, immagine simbolica di una storia biblica, è una metafora che sancisce un patto che Dio fa con Noè e l’umanità, ed indica la volontà divina di non stendere la mano contro l’uomo ma di renderlo signore del creato.
Secondo il prof. Bortone Don Franco tenta di spalancare una nuova finestra su quel Dio, che, connesso alla storia dell’uomo è promessa per il futuro ma anche appello a vivere il presente.
Nella suggestiva immagine del viaggio, che simboleggia la vita, sfinimento senza fine e senza un fine, dove l’uomo è un semplice ingranaggio, obbligato ad una somma di elevate prestazioni nella società della tecnica e della produzione, fede speranza e carità portano l’attenzione non sulle caotiche attività dell’uomo, ma sul suo essere, sulle sue capacità di effettuare delle scelte, di dare un senso alla propria vita, di divenire protagonista della storia.
In un presente, però, connotato da un contesto di totale globalizzazione non solo dei mercati, ma anche delle idee, l’uomo sta perdendo la sua voce e la comunità ecclesiale il riconoscimento di interlocutrice credibile.
A tale proposito il prof. Bortone dà notizia di una ricerca sociologica sulla fede degli adolescenti, promossa dall’Istituto di Scienze Religiose di Capua: i quasi mille studenti delle scuole superiori di Terra di Lavoro, intervistati, hanno dato risultati sconfortanti e hanno messo in evidenza che della fede, in loro, non è rimasto nulla, né come contenuto né come esperienza.
Consapevole di ciò, Papa Francesco sta lanciando numerosi appelli a confrontarsi col presente, ad aprirsi all’altro e a tentare il nuovo.
Il prof. Bortone conclude affermando che l’opera di Don Franco risponde a questo appello con ‘riflessioni di rara intelligenza, raffinata analisi e aperto dialogo ’.
Nel suo intervento l’autore del testo, Don Franco Donadio, esprime innanzitutto il suo vivo compiacimento per il ritrovarsi, a tre anni dalla scomparsa, a parlare di una persona speciale, l’amico di una vita, molto amabile nei modi, ma animato da grande vigore morale, cui è stato legato fin dalla quarta elementare: con Lui, infatti, ha condiviso, fino al 1964, il percorso di preparazione al sacerdozio; a Lui, nonostante le esperienze di vita fortemente differenziate, è stato sempre unito in una esistenza di intima comunione.
Ha parlato poi della difficoltà di trovare il titolo al libro e, col suo humor, memore dei ricordi giovanili e della sua residenza nelle vicinanze del cinema Santa Caterina, che, quotidianamente negli anni 50 pubblicizzava, a caratteri cubitali i titoli dei film che attiravano la sua attenzione fanciullesca allegra e gioviale, ha paragonato tale difficoltà a quella che si incontra quando si vuol dare il titolo ad un film.
Accennando poi brevemente al suo testo, Don Franco ha voluto evidenziare che le tre virtù teologali sono sì generate dall’alto, ma attengono anche alla dinamica della nostra vita, perché la fede è fiducia, la speranza è fiducia che ci proietta nel futuro e la carità è esperienza di solidarietà.
A conclusione il relatore ha affermato che le virtù teologali sono forme di vita che si svolgono in una linea orizzontale, la quale ci aiuta a ricordare, a fare memoria di persone a noi connesse intimamente, che possiamo sottrarre all’oblio, legato allo scorrere del tempo.
Se la ‘damnatio memoriae’ era la pena peggiore comminata dal senato romano ai traditori e agli hostes, sottrarre all’oblio è l’omaggio più grande che si possa fare a una persona degna. Il mito di Zeus che si accoppia a Mnemosine e genera le muse, offre al relatore lo spunto per concludere che con la cultura possiamo contrastare l’oblio.
Non posso, a questo punto, non fare riferimento a quell’Omero, de ‘I Sepolcri’, cieco e brancolante, simbolo della poesia eternatrice, errante all’ombra delle tombe, che ‘eternerà col canto i prenci argivi e renderà ad Ettore onor di pianti finché il sole risplenderà sulle sciagure umane’.
A concludere l’evento il Vescovo Mons. Angelo Spinillo, il quale ha presentato le virtù come dono che ci permette di vivere e si è soffermato sulla carità, intesa come condivisione che ci fa reimpostare il nostro modo di vivere, riconoscerci nell’altro, fondare un mondo diverso.
Al termine di questa lunga sintesi sia consentito anche a me esprimere le mie riflessioni sul testo.
Conosco sin dai tempi della sua giovinezza Don Franco, la cui esistenza, sia pure con percorsi differenziati, è stata molto simile a quella dell’amatissimo compagno della mia vita, che vantava con lui un’amicizia di lunga data.
Il Donadio ottantenne è il Donadio degli anni della gioventù, in perfetta continuità con un passato alquanto remoto: già nei primi anni 60’, infatti, aveva espresso rifiuto per ogni forma di clericalismo e aveva realizzato che la vita è inevitabilmente evoluzione (panta rei), aborrendo da ogni atteggiamento di chiusura; è sempre stato assertore che ogni cosa si modifica e ‘ci obbliga a riassettare le nostre bussole di orientamento, il nostro vocabolario, i nostri modi di pensare’.
Ritrovo nel Don Franco di oggi la stessa lungimirante intelligenza, la freschezza e la passione degli anni giovanili, sia pure temperata da una matura capacità di sorridere delle cose del mondo e di conservare il senso dell’umorismo, invocato come ‘dono divino’.
Egli fa suo il messaggio di Papa Francesco, che prende atto della profonda trasformazione del mondo e auspica, di conseguenza, anche una riforma nella modalità dell’annuncio della fede.
Da sempre Don Franco ha ritenuto necessario liberarsi da ogni forma di condizionamento, di promuovere la necessità di discutere ‘laicamente’, di andare anche controcorrente per attuare quanto auspicato da Papa Francesco: realizzare il bene comune abbattendo ogni atteggiamento di rigidità.
Ma perchè ciò avvenga è necessario ‘trasformare un legno storto’ in ‘un incedere eretti’, che poi, è il fine ultimo della religione, ma anche dell’etica ed è ‘premessa e ingrediente per ogni buona politica o semplicemente della politica in quanto attività convergente nella costruzione della polis, cioè degli interessi generali e pubblici di una comunità, la più nobile attività dell’uomo dopo la teologia’ (Franco Donadio)
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