In questi giorni ho letto leggo, con poca capacità di comprensione, devo confessare, pindarici paragoni su Messi e Maradona. Ed ora tra Pelè (recentemente scomparso) e lo stesso Diego Armando Internazionale.
Trovo le questioni veramente illogiche e fuori da ogni criterio sportivo. Ciò non di meno, mi fornisce lo spunto per alcune riflessioni a bassa voce nel merito.
Premetto che chiunque pensasse, nell’ automobilismo, di voler paragonare Manuel Fangio a Michael Schumacher, oppure Ayrton Senna a Max Verstappen, si prenderebbe una bella risata in faccia da un esperto di Formula 1. Ma è lo stesso voler paragonare grandissimi fuoriclasse, ciascuno figlio del proprio tempo, inutile ed irriguardoso nei confronti di ciascuno di essi.
Lo sport per come lo intendo, non è solo il raggiungimento di altissimi traguardi, pur necessari per la sua stessa esistenza, ma anche, e soprattutto, il faro cui tendere e fare riferimento rispetto al movimento di migliaia e migliaia di giovani praticanti, i quali attraverso un’attenta e scrupolosa osservanza di regole e discipline, si preoccupano di migliorare le proprie prestazioni individuali, con spirito emulativo dei propri beniamini.
In quest’ottica, il campione, ieri come oggi, è un vero e proprio testimonial del giusto del bello e dell’imitabile.
Pertanto, come atleta prima e come dirigente sportivo ora, azzardo che il campione, per non parlare del fuoriclasse, ha un doppio onere da sopportare sulle proprie spalle per tutta la vita: prima il mantenimento delle proprie performances durante l’attività agonistica, e poi, fuori dal campo, dalla piscina, dalla pista, il mantenimento costante di regole comportamentali che lo continuino a far brillare come esempio positivo tra i tanti.
Come si vede, un impegno gravoso e difficile da seguire, anche perché a volte, e per fortuna solo a volte, il successo corrompe e porta tentazioni alle quali sempre bisognerebbe resistere.
Se volessimo includere nei nostri impossibili ed irreali paragoni anche queste valutazioni, ebbene molti nostri osannati ed ammirati campioni, viaggerebbero nei bassifondi delle classifiche.
Ed allora, molto meglio lasciarli nei nostri magnifici ricordi di bambini, di adolescenti, di adulti, permettendo loro, già consegnati alla storia dello sport in modo imperituro, di continuare a vivere lontano dalle classifiche delle quali non hanno più alcun bisogno.
A noi rimane l’obbligo, in nome di quella memoria, di continuare a formare nuove leve, sia per lo sport che per il futuro della nostra società, in attesa di nuovi campioni.
In uno dei tanti pomeriggi trascorsi nei fine settimana con Fabio Buzzi (mio difficilissimo mentore nell’offshore), mi permisi di dire che quella specifica barca da competizione, da lui realizzata, fosse a mio giudizio la migliore, e ciò sotto lo sguardo severo di Luca Nicolini, che disapprovava per la mia audace quanto inopportuna affermazione. Immediata fu la reazione dell’ingegnere: “No!, come fai a non capire. È quella che sto progettando in questi giorni“.