Con il governo Meloni, sono in tanti a chiedersi dell’esito del reddito di cittadinanza, quali saranno i cambiamenti che saranno effettuati. La prima notizia è che il governo Meloni intende mantenere questa misura di contrasto alla povertà, limitando però i beneficiari e potrebbe chiamarsi reddito di sussistenza.
La riforma dovrà essere completa entro e non oltre il 30 novembre.
A cambiare sarebbero anche le istituzioni incaricate di gestire i pagamenti, a occuparsene, infatti, sarebbero i Comuni, e non più l’Inps, in quanto ritenuti maggiormente adeguati a verificare chi davvero vive in una condizione di difficoltà.
La premier ha deciso di prevedere il reddito di cittadinanza solo per coloro che non sono in grado di lavorare, per condizioni di fragilità, e di aumentare la somma per i percettori. Per tutti gli altri, il lavoro è e resterà sempre la soluzione migliore, attraverso nuovi centri d’impiego e nuovi sistemi adatti al reclutamento con maggiori risorse destinate alle aziende sotto forma di incentivi per l’occupazione.
Quanti a rischio?
Sono 660 mila, i percettori a rischio che attualmente in Italia potrebbero non ricevere più il reddito di cittadinanza a causa dei cambiamenti previsti dal nuovo governo.
Una misura come il reddito di sussistenza sarebbe tutta da scrivere, impensabile che il governo ci riesca in così poco tempo. Per evitare di commettere errori, quindi, si potrebbe inizialmente confermare il reddito di cittadinanza fissando degli ulteriori paletti, ad esempio stabilendo che la misura si perde già al primo rifiuto di un’offerta di lavoro.
Così sarà nel 2023 che si potrà pensare a una vera e propria sostituzione del reddito di cittadinanza con una misura comunque assistenzialistica ma solo per chi non è nella condizione di poter lavorare, un reddito di sussistenza in favore solo di anziani, invalidi e persone che si prendono cura di minori.
Quanti italiani percepiscono il reddito di cittadinanza?
Secondo una nota di Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) i beneficiari del Reddito di cittadinanza indirizzati ai servizi per il lavoro sono 919.916. Da questa cifra, vanno però tolti i 173mila (18,8%) che risultano già occupati e gli 86mila (9,4%) esonerati, esclusi o rinviati ai servizi sociali. Restano, quindi, i 660mila (il 71,8%) tenuti alla sottoscrizione del patto per il lavoro, molto probabilmente saranno quest’ultimi ad essere esclusi dalla percezione del reddito.
Che fine faranno i navigator?
Per quanto riguarda i navigator, una volta che il contratto è scaduto ovvero pochi giorni fa, il 31 ottobre, non ci saranno proroghe.
Inizialmente sono stati assunti dopo un concorso nazionale come “assistenti tecnici” degli addetti ai centri per gli impiego per seguire i beneficiari del Reddito di cittadinanza, i navigator sono diventati nel tempo il caprio espiatorio di una misura che ha fallito nella parte delle politiche attive, cioè dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Non spettava a loro trovare un posto ai percettori del sussidio, ma sono loro che hanno pagato il prezzo più alto. C’è chi si è opposto per una proroga fino al 31 dicembre, ma sembra un’ipotesi remota.