Le storie di Caivano: la necropoli preromana di Caivano scoperta dal vigile Vincenzo Masara

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inizio scavi a Caivano

Racconteremo in quattro episodi altrettante storie di Caivano, qualcuna storica, qualcuna bizzarra, tutte documentate da giornali storici dell’archivio de Ilgiornaledicaivano.it.

All’interno del settimanale di attualità Il Secolo Illustrato del marzo 1928 con in copertina Guglielmo Marconi e la sua prima radio vi è una pagina dedicata a Caivano e agli scavi della necropoli preromana di Caivano.

Ecco quello scrive Luigi De Lillo nel 1928:

Caivano è una cittadina distante da Napoli sei chilometri: scarsi i suoi commerci, non doviziose le sue industrie. Se occupa un posto relativamente importante nella storia, gli è che non solo essa appartiene nell’antichità all’agro acerrano, ma anche nell’età medioevale fece parlare molto di sè specie nella rivoluzione napoletana del 1647.

Fino a qualche giorno fa nessuno si occupava di Caivano e delle sue origini: oggi invece la pace racconta della tranquilla cittadina è messa a dura prova per la scoperta di una necropoli preromana.

Il paese è in subbuglio per le continue visite delle autorità e per i sopralluoghi degli scienziati e degli appassionati di rarità archeologiche. Insomma d’un tratto Caivano si è messa di nuovo in grande evidenza, e, peccato che non abbia un Flaubert per cogliere e tramandare alle posterità certe scenette così saporitamente provinciali!

La scoperta portentosa consiste in tombe, suppellettili, anfore, vasi, lucerne, armi romane del III secolo avanti Mera della nostra salute; e il romanzesco di tali ritrovamenti è questo: che essi non sono dovuti alle pazienti ricerche di nessun scienziato, bensì agli affannosi propositi di un vigile urbano, Vincenzo Masara, che da oltre venti anni andava alla ricerca di un tesoro in quelle contrade. 

L’idea era sorta e si era fatta strada nell’animo del modesto agente, perchè sin da bambino da molte persone aveva sentito dire che in quelle campagne era un bel giorno venuta fuori una tomba carica di oggetti di inestimabile valore: da allora il Masara non aveva avuto più pace e si era convinto che sarebbe diventato ricco scoprendo un tesoro.

Uno studioso, al posto del vigile, avrebbe consultato libri, storie e magari avrebbe cercato anche quelle deche liviane, che non trovò mai Mario de Martino Fusco, ma il Masara, invece, convinto che solo qualche cosa di soprannaturale avrebbe potuto condurlo alla realizzazione di un sogno tanto vagheggiato, pensò di ricorrere agli…spiriti, ai quali con l’aiuto di una sibilla, che ha eretto il suo trono a Ponticelli (forse per sfuggire alle ire del commissario Toscano), potette facilmente comunicare con le sue ardenti aspirazioni…

Chi per il momento aveva trovata la vena dell’oro era naturalmente la pitonessa, che invitava spesso a simbolici convegni il Masara. L’astuta donna ricorrendo a tutti i trucchi del mestiere faceva da interprete tra l’agente e i corpi astrali, e quando si rivolgeva ai fondatori di Caivano adoperava un linguaggio misterioso e solenne, che poi traduceva in efficace e fiorito vernacolo allo speranzoso cliente, che senza mai protestare si lasciava vuotare il portafogli.

Il responso si fece attendere ed a lungo. Fu solo nella decorsa settimana che la strega, dopo un’ultima complicatissima cerimonia fu in grado di dire al Masara: ‘Stanotte in contrada Padula scava e troverai ciò che brami!’

Chi mai riuscirà mai a descrivere la gioia del vigile. Diremo solo che in quel giorno il Masara, novello di ‘Oscuratismo’, imprecò più volte alla luce e solo fu pago quando il sole ebbe ceduto il suo posto alle tenebre. Corse allora al posto che gli era stato indicato dall’oracolo, e giù, giù colpi di badile fino a sudare quasi quanto Cristo nel triste sconforto del Getsemani.

Ma chi la dura la vince e l’agente dopo di aver messo sottosopra quasi un intero podere, finalmente in un angolo, scendendo oltre un metro di profondità, potette mettere le amni su alcuni piattelli di squisita fattura. La pitonessa, dunque, non aveva mentito.

Cristofoto Colombo forse alla vista della terra promessa non tremò tanto di emozione, di giubilo e di soddisfazione quanto il Masara nel momento in cui poteva raccogliere quello che per lui costituiva il segno sicuro che il sogno di tanti anni si trasformava in realtà!

E dopo i piatelli, delle anfore e poi le armi… ma l’oro, quell’oro tanto agognato, mai! Sospende Masara la dura fatica e corre di nuovo dalla sibilla di Ponticelli. Le offre ancora dei donativi, le mostra qualcuno dei pezzi trovati e poi implora: ‘Ma dimmi, dimmi per carità, l’oro dov’è?

‘Troppo presto ti sei stancato – ammonisce la pitonessa – torna subito al tuo lavoro, discendi fin nelle viscere della terra e lo splendore dell’oro abbaglierà la tua vista!’

E Masara torna a Padula e riprende. Sempre anfore, sempre piatelli, sempre armi e di luce lentamente un sol bagliore: quello del sole che già risorge. Comincia quindi il movimento dei campagnuoli che passando per contrada Padula e vedendo tutto un podere sconvolto, si affrettano a darne avviso al Podestà di Caivano, proprietario di quel territorio, che accorre subito sul posto.

Masara intanto vinto dalla stanchezza si è addormentato tra gli oggetti messi alla luce, e nel sorriso placido che è sul volto si legge chiaramente che sogna ancora tesori. Le grida dei compagni accorsi anche sul posto lo richiamano alla realtà . Masara si sveglia, apre bene gli occhi, raccoglie le sue idee e alla vista del Podestà, con aria da trionfatore gli dice: ‘Se pure sono restato deluso per non aver trovato il tesoro che agognavo, sono fiero e orgoglioso di avere con il mio sacrifizio offerta l’occasione a Caivano di divenire più importante di Pompei…

In merito al sacrifizio il Podestà avrebbe potuto far rilevare al suo modesto dipendente che il danno era stato proprio tutto suo per avere avuto la sorpresa di trovare il suo fertilissimo podere tutto sconvolto; ma l’amore di patria lo fece tacere e gli consigliò solo di dare avviso alle superiori autorità a Napoli, che a loro volta informarono il Sopraintendente all’Arte Antica comm, prof. Maiuri, che  immediatamente si portò a Caivano.

Dai primi sommari rilievi l’insigne archeologo riportò subito l’impressione che in quella zona doveva sorgere la necropoli acerrana. Da altri assaggi fatti nel terreno da gente dell’arte, si potettero infatti ben presto mettere alla luce alcune tombe, nelle quali furono rinvenuti altri oggetti. Gli scheletri, qualcuno di grandi dimensioni, non appena al contatto con l’aria sono andati completamente distrutti, Le tombe finora scoperte, di mirabile costruzione in tufo, appartengono tutte a guerrieri. Gli oggetti rinvenuti sono di pregevole fattura ed imitano l’arte greca.

Gli scavi saranno continuati perchè si ha la speranza di scoprire anche tombe di donne e di bambini, con entro gioielli o giocattoli del tempo, queste ultime di sommo interesse perchè non ne esistono esemplari.

La necropoli oltre che ad Acerra potrebbe attribuirsi anche ad Atella, perchè Caivano è ad uguale distanza dalle due cittadine. Le tombe sono certamente del IV secolo a.C., e presentano un enorme interesse per lo studio della Campania preromana che fu in avanzata civiltà e di cui si hanno ben scarse notizie.

Le dichiarazioni del comm. Maiuri hanno fatto fremere di gioia Caivano, che se non come Pompei, non dispera di essere marcata almeno con maggior rilievo di oggi sulla carta geografica. Per una volta tanto quindi (anche il commissario Toscano deve riconoscerlo) una delle tanto deprocate sibille ha reso un  buon servizio!

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