“PLATONE MI È AMICO”, l’editoriale di don Maurizio riguardo le nostre terre

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O La Verità ci fa liberi. La Verità con la maiuscola, che è Cristo, e le minuscole verità di questo nostro piccolo mondo. Siamo uomini, apparteniamo al genere umano. Perciò ogni uomo è mio fratello, ogni terra è la mia terra. Straniero dappertutto, in patria dovunque, mi trovo bene con chiunque. Solamente dopo viene la mia nazione, la mia regione, il mio villaggio. Chi scrive si sente italiano fin nel midollo delle ossa, ma un italiano nato e cresciuto nel Sud. Un prete meridionale che ama la sua terra, la sua gente, e, per quanto gli è possibile, tenta di porsi al suo servizio. Un campano che continua a parlare la sua bella, sonora, antica lingua napoletana senza alcun imbarazzo. Quest’ amore alla propria terra non deve, però, in alcun modo, far perdere la capacità dell’analisi, della denuncia, dell’obiettività, dell’amore alla verità. La Campania ha luoghi belli e altri meno belli, soprattutto nelle bistrattate periferie che, come un animale preistorico, si estendono a dismisura. Basti pensare a Orta di Atella. Di rendita, però, non si vive. Non possiamo bearci del sole e del mare e continuare a decantare le antiche bellezze. Dobbiamo chiederci che cosa abbiamo aggiunto ai tesori antichi e, magari, che cosa vi abbiamo sottratto. La guida “Italia del Sud e isole” della Feltrinelli è stata spietata nel descrivere l’area tra Napoli e Caserta. “ In realtà il territorio subito a nord di Napoli è irrimediabilmente poco attraente, trattandosi per lo più di una distesa di sobborghi poco entusiasmanti. Quasi del tutto dominato dalla camorra e a volte chiamato “triangolo della morte”. Non un’area in cui soffermarsi: anzi la cosa migliore da fare è attraversarlo senza fermarsi e raggiungere Caserta”. La guida ha detto il vero? Si e no. Ha detto il falso? No e si. Il territorio di cui parla lo conosco bene, è il mio territorio. Com’era prevedibile si sono levate voci di protesta. Diversi sindaci e amministratori hanno minacciato querele. Peccato che, sovente, alle lamentele della propria gente che denuncia i mali e chiede i propri inalienabili diritti, in genere, costoro tacciono. Cosa strana, però, tant’altra gente, con sofferenza, ha ritenuto che quella descrizione giungesse come una sorta di supporto alle loro proteste, al loro grido di aiuto. Qualcuno, al quale essere grato, ha riportato sui social, in modo preciso e pignolo, tutti i monumenti presenti sul territorio in questione, chiusi da tempo o in stato di totale abbandono. E si è chiesto, giustamente, perché non vengono valorizzate e rese accessibili ai turisti tante zone archeologiche che versano nel degrado. Qualcun altro è ritornato sul problema mai risolto dello smaltimento illegale dei rifiuti industriali pubblicando foto e filmati dei tanti roghi tossici che continuano a bruciare. Un j’accuse esplicito. Il problema è che sulla vera causa di questo dramma che ci uccide, il lavoro in nero, nessun politico, nessun amministratore vuole metterci le mani.

La disoccupazione cronica che affligge queste zone non permette loro di esporsi. E si chiude un occhio, magari due. E si finge di non sapere, di non capire. I roghi continuano a bruciare, magari a intermittenza, quando cala il sipario. Che il litorale domizio non avrebbe niente da invidiare alla costiera romagnola è vero. Che è diventato una pattumiera a cielo aperto dalla quale fuggono anche i proprietari delle ville estive è sotto gli occhi di tutti. La camorra poi non è certo un’ invenzione della guida. Centri storici inaccessibili, strade con buche grandi quanto una voragine. Fogne non pulite, immondizie accumulate per le strade, pericolose erbacce mai estirpate ai lati delle bretelle che portano alle autostrade. La gente non è cieca. Perché tanta incuria? Amo la Campania di amore viscerale, ma la verità mi impone, proprio per amore, di denunciarne i mali. Credo che la guida sia stata ingiusta solo nel presentare la reggia di Caserta, ma chiediamoci il motivo che ha portato gli autori a descrivere in questo modo la nostra terra. E proviamo a chiederci se da questo antipatico incidente non possiamo fare di più e meglio per valorizzare le bellezze antiche di cui andiamo fieri ma che non sempre abbiamo saputo tutelare. “Platone mi è amico ma la verità mi è più amica di Platone”.

Padre Maurizio Patriciello

 

 

 

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