Il ricordo di Giuseppe Crispino, a 29 anni dalla sua scomparsa

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Sono passati ormai ventinove anni dalla prematura scomparsa del preside Giuseppe Crispino, uomo di scuola, politico integerrimo, marito e padre affettuoso, ma rigoroso ed intransigente.                                            

Per il venticinquesimo anniversario della sua morte volli ricordarlo, nel senso etimologico di riportarlo nel cuore a quanti lo avevano frequentato, e farlo conoscere anche ai più giovani con la pubblicazione del testo  1995-2020, passano i giorni lieti incalzano quelli tristi succedono ancora i lieti” di cui feci dono ai partecipanti  a due eventi in suo ricordo: la  commemorazione religiosa nella chiesa di San Pietro e la presentazione del testo ai cittadini presso l’Istituto Comprensivo Milani di Caivano.            

Oggi, a distanza di un anno in cui il nostro Paese è diventato tristemente famoso in Italia e non solo e Caivano non è più toponimo ma un nome comune, sinonimo di degrado, stupro, spaccio, corruzione, camorra, e il decreto Caivano è un marchio di infamia per tanti cittadini onesti e perbene, provo ad offrire una riflessione pacata ed obiettiva su quanto accaduto, come cittadina, donna di scuola, amministratrice (sindaco dal novembre 1997 al luglio 2000) e come conoscitrice della storia di Caivano sin dagli anni ’60 del secolo scorso.

Lungi da me ogni difesa della classe politica, che ha ampiamente demeritato sia per mancati interventi sia per colpevoli omissioni, intendo portare alla luce la Caivano di un tempo, perché possa essere di monito per una rinascita, che sicuramente non passa per interventi, pur importanti e di grande impatto mediatico, ma di scarsa utilità soprattutto per il Parco Verde.

Questo quartiere residenziale, costruito a seguito del terremoto del 1980 dal Commissariato di Governo della Regione Campania per la ricostruzione, per far fronte agli sfollati napoletani solo per dieci anni, fu nel possesso e nella gestione dello stesso Commissariato dal 1985 al 2001.

Solo dopo sedici anni la proprietà e la gestione di tutto il complesso di residenze e di edifici pubblici furono trasferite dall’anzidetto commissariato di governo al comune di Caivano con verbale di trasferimento consensuale e con relativa provvista finanziaria numero 1632/CGS del 27-04-2001.

Ai fini catastali, invece, tutte le proprietà immobiliari risultarono intestate al comune di Caivano a far data dal 20-01-2004.

Il comune di Caivano affidò la gestione della riscossione dei canoni all’ex Igica fino al 2011 e successivamente al CRESME (centro di ricerca di mercato) compresa l’alienazione delle unità abitative.

Orbene, se del 1985 al 2001 la proprietà e la gestione degli alloggi furono in capo al commissariato di governo della Regione Campania, in tale periodo il comune di Caivano non aveva nessun potere e nessuna conoscenza dell’assegnazione degli alloggi e quindi non era affatto responsabile, come ampiamente propagandato, degli abusi e dei guasti che erano già stati perpetrati.

Molto si è mentito anche sul Parco Verde, perché gli stupri delle due bambine non sono avvenuti in quel quartiere, come è stato più volte accertato e dichiarato dalla Procura di Napoli Nord; il gigantesco murales con le due bambine vestite di rosso, che segna come un marchio quel quartiere, andrebbe immediatamente rimosso.

Il Parco Verde è sorto “come un peccato originale e, ritornando a Peppe Crispino, di cui sono note a chi lo ha conosciuto la lungimiranza la chiaroveggenza, mi piace riportare un suo intervento dal “Convegno cittadino sulla scuola a Caivano: problemi e prospettive del 23 e 24 ottobre 1985: Credo sia lecito nutrire forti perplessità sulle scelte urbanistiche post-terremoto, operate dal commissariato di governo della regione Campania. Non sarebbe stato più logico prevedere, in tutti i comuni dell’hinterland napoletano, un recupero abitativo per limitati nuovi insediamenti, onde scongiurare gli enormi problemi di natura socioeconomica, che subentrano quando si registrano esodi biblici in quartieri popolari di enormi dimensioni? Per quanto urbanisticamente attrezzati, (ma l’esperienza del passato ci dice che questo non sempre avviene) c’è il problema del concentramento, in quartieri ghetto, di migliaia di persone di un’unica fascia sociale, con gli inevitabili, conseguenti fenomeni di emarginazione, ghettizzazione, criminalità diffusa”.

Non era difficile prevedere quello che sarebbe successo, tanto più che gli alloggi erano stati predisposti per ospitare i terremotati solo per dieci anni.

Oggi è sotto gli occhi di tutti il degrado di case fatiscenti, che trasudano acqua dai tetti e dal sottosuolo.

Siamo tutti ben lieti ed in modo particolare io, che l’11 settembre 1999 inaugurai quella struttura per il ripristino del centro sportivo, attuato dal massiccio e positivo intervento del governo centrale; ma quale utilità ne deriverà agli abitanti del parco verde? Costoro vorrebbero veder migliorate le loro condizioni abitative, che sono in una situazione da terzo mondo e desirerebbero avere certezza di un lavoro che possa distogliere i mercanti di morte dallo spaccio, il quale, a quanto pare, si è solo trasferito.

Con una furia iconoclasta è stato poi completamente abbattuto il teatro Caivano arte, sempre da noi inaugurato nel dicembre del 1998. Era proprio necessario distruggere una struttura che ha avuto una storia gloriosa per le importanti rassegne teatrali e cinematografiche e per i tanti eventi culturali che lì si sono svolti?

Dio solo sa con quanto lavoro e con quante lotte inaugurammo alla fine del secolo scorso queste strutture che fecero di Caivano un centro importante per lo sport, l’arte e la cultura e che attiravano abitanti di tutta l’area a nord di Napoli!

Ad un anno, poi, dell’insediamento della triade commissariato, fornita di poteri straordinari, coadiuvata da altri sovraordinati e dopo la massiccia assunzione di vigili urbani, assistenti sociali, personale tecnico e informatico, educatori scolastici, non si vedono ancora i frutti di un’amministrazione attenta e sollecita ai bisogni dei cittadini.

In queste sere di agosto molte strade tra cui importanti arterie sono completamente al buio, con grande pericolo per i pedoni che vi transitano; il campo sportivo Ernesto Faraone, che dovrebbe diventare villa comunale, è da mesi un cumulo di macerie, e il suo muro perimetrale è deposito di rifiuti di ogni genere, così come tanti altri luoghi di Caivano dove non si effettua nessun controllo degli organi preposti per scoraggiare l’inciviltà dei cittadini.

La grave situazione richiede un intervento massiccio soprattutto culturale: abbiano tutte le scuole come primo obiettivo l’educazione alla legalità, non predicata ma praticata!

Comincino tutte le forze politiche a fare programmi seri di riqualificazione di un territorio martoriato, non si rinchiudano nelle stanze cercando spazi di potere, coinvolgano i giovani, attivano quella politica del “marciapiede” tanto cara a Peppe Crispino, riprendano il contatto con la gente, cerchino di riempire in ogni modo quel vuoto che nell’ultima tornata elettorale del giugno scorso ha portato al voto solo un terzo degli elettori di Caivano.

Anche in questo Peppe Crispino era stato un profeta, quando in suo intervento del consiglio comunale del 02-08- 1985, nel sostenere la necessità di una verifica seria e pubblica della funzione dei partiti si chiedeva: “i partiti sono ancora uno strumento democratico della vita dei cittadini o devono continuare ad essere quello che sono stati in questi anni? Ognuno risponda alla propria coscienza e dica se i partiti hanno assolto pienamente il ruolo fondamentale dell’organizzazione dei cittadini alla vita pubblica o sono diventati, piuttosto, dei clan di amici e di fan. Se è così, essi hanno tradito la funzione delineata dalla Costituzione e per questo i cittadini non li riconoscono più come strumento democratico e popolare e si disaffezionano alla politica”.

Da Giacinto Libertini “in attesa di Peppe Crispino”: In una fase in cui la nostra comunità è scoraggiata e avvilita, è forte l’attesa che altri come Lui si assumano il carico di lottare con sincerità, efficacia e disinteresse personale per gli interessi comuni, in particolare a tutela di chi è debole ed indifeso o calpestato ed emarginato”.

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