Il commovente incontro con un ex alunno della Milani, di circa quarant’anni d’età, mi ha dato l’occasione di riflettere sull’autismo, un problema molto grave e in rapida, crescente diffusione.
Un suo commento ad un mio articolo su ‘ilgiornaledicaivano’ mi aveva non solo emozionato, ma anche spinto a rintracciarlo.
L’ex alunno ricordava la scuola Milani come ‘la seconda casa di tutti i bambini, quella casa che è palcoscenico di sicurezza, di cultura, di educazione’; affermava ancora ‘spero sinceramente che un giorno possa essere fortunato da incontrarla, (la preside) perché forse è l’unica persona, e dico l’unica, che può darmi tante risposte, anche se a volte spiacevoli, ai miei tanti perché’.
Letto il nome del mittente del commento, mi sono ricordata perfettamente di lui e della sua famiglia, una dignitosa, laboriosa, onesta famiglia operaia, il cui papà intelligente, generoso e molto attento all’educazione dei figli, aveva fattivamente e proficuamente cooperato con la scuola e aveva lasciato in me un ottimo ricordo.
Mi sono subito adoperata per rintracciarlo e ho fissato con lui un incontro: puntuale all’appuntamento, il giovane studente, ormai quarantenne e con qualche filo bianco nella barba scura, mi ha commosso ancora una volta, facendomi dono di un bonsai a forma di cuore.
Dopo un affettuoso abbraccio mi ha parlato delle vicende della sua vita che non conoscevo affatto: sposato da più di dieci anni, era divenuto, dopo qualche anno, papà di due gemelli, un maschietto e una femminuccia.
La gioia, però, per il lieto evento si era tramutata in motivo di grande preoccupazione per aver scoperto che i due bambini tanto attesi erano affetti, in forma molto grave, dal disturbo dello spettro autistico, una patologia del neuro-sviluppo che coinvolge principalmente linguaggio e comunicazione.
Quel documento sanitario con questa diagnosi è stato per me una sentenza di morte, mi confessava il papà.
Tale diagnosi è infatti una specie di terremoto, che spazza via speranze e prospettive che accompagnano l’arrivo di un figlio; non resta che rimboccarsi le maniche per non soccombere.
Eccome se le sono rimboccate le maniche questi due genitori!!!
La mamma ha dovuto rinunciare alla sua attività lavorativa per dedicarsi 24h su 24 alla cura dei figli, coadiuvata dal papà al termine del suo orario di lavoro e nel fine settimana.
Quando i due gemelli avevano 4 anni, la famiglia è stata allietata dalla nascita di un’altra bambina fortunatamente normodotata, che ha portato tanta gioia, ma è stata fonte di un ulteriore aggravio di lavoro.
Con tanta dignità ed orgoglio, questi due eroici genitori trascorrono le proprie giornate tra le cure dei bimbi autistici, non trascurando, però le esigenze della figlioletta normodotata, che ha diritto a una vita normale.
Nonostante tutto, essi non vogliono essere commiserati, si considerano persone normali, reclamano solo i diritti sanciti dalla legge, rivendicati con garbo ma con fermezza presso tutte le istituzioni a ciò preposte: comune, provincia, asl, scuola, e chiedono l’applicazione di una legislazione per diversamente abili abbastanza avanzata sulla carta, ma poco applicata nella realtà.
Su loro insistente richiesta, il comune di Caivano, il cui consiglio ha istituito il garante per i diritti dei disabili ha deliberato per la durata di 16 mesi un progetto di assistenza, che prevede sussidi economici per terapie mirate in centri di assistenza specializzati.
Questi genitori si sentono investiti anche di una grande missione: lottare per l’inclusione per tutti i bambini autistici, il cui numero, in continuo aumento, rappresenterà, in un prossimo futuro, un grosso problema, problema di cui solo pochi hanno consapevolezza e che molti tendono a rimuovere.
E’ necessario diffondere la cultura dell’accettazione del diverso, dell’inclusione, compito precipuo della scuola, in cui devono essere impegnate tutte le componenti, a cominciare dal dirigente scolastico e dall’insegnante di sostegno, col supporto di asl, comuni di altre istituzioni, facendo ricorso anche ad associazioni sportive e di volontariato.
Mi preoccupa moltissimo, invece, il sapere che un gran numero di laureati, spinti dal desiderio di un rapido inserimento nel mondo del lavoro, stanno affollando le Università per acquisire il titolo di insegnante di sostegno, il cui compito richiede una responsabilità professionale, sociale e morale, che dovrebbe far tremare le vene e i polsi.
Solo facendo interiorizzare ai cittadini in fieri, cioè ai nostri giovani normodotati, e a tutti, la cultura della solidarietà, del senso dell’altro, possiamo evitare i drammi cui assistiamo spesso, l’ultimo dei quali verificatosi a pochi passi da noi, a Pomigliano D’Arco, dove due 16enni hanno barbaramente massacrato di botte, a sangue freddo, un mite e incolpevole extracomunitario che non faceva del male a nessuno.