Antonio Vitale, ideatore, drammaturgo, regista, attore, di Caivano, non poteva trovare un titolo più adatto per la bella rappresentazione teatrale itinerante, messa in scena il 17 settembre in luoghi simbolo del nostro paese: piazza Cesare Battisti, già piazza Mercato, il castello, piazzetta San Francesco d’Assisi, il palazzo De Falco-Capece, oggi sede del comune.
È stata presentata una Caivano felice, onesta, laboriosa, devota ed anche colta, patria di umili popolani, di uomini di fede, di scienziati, di poeti, di amministratori onesti ed animati da un forte amore per la propria terra.
Conobbi Antonio Vitale nella sua prima giovinezza, quando, sul finire del secolo scorso, fresco di maturità classica, durante un pranzo cui io partecipai come sindaco insieme ai dipendenti comunali di Caivano, si esibì in un divertente sketch. Ricordo ancora la disperazione della madre, la dottoressa Rosa Castaldo, una fra i migliori dipendenti del comune, che, come capo della segreteria del sindaco, mi supportò con competenza, gentilezza ed affetto durante il mio esaltante ma difficile mandato amministrativo. Ella avrebbe preferito per il figlio un percorso universitario regolare ed era preoccupata per il suo futuro. La rassicurai, invitandola a non tarpare le ali al figlio, che già allora era molto promettente e a consentirgli di realizzare il suo sogno.
Ho constatato con piacere che il tempo mi ha dato ragione e che la dottoressa Castaldo, presente alla rappresentazione, era contenta e fiera del suo Antonio.
Nelle vesti del canonico Domenico Lanna, nato nell’800 a Caivano, professore di filosofia, autore del testo “Frammenti storici di Caivano”, Antonio Vitale ha accompagnato gli spettatori durante la ricostruzione storica illustrata del nostro paese: villaggio osco alle origini, poi, in epoca romana, dipendente da Atella, patria della Fabula Atellana, prima forma teatrale di farsa, nota in tutto il mondo con la presenza di attori che recitavano col volto ricoperto di maschere su un canovaccio improvvisato.
Che i nostri bravi attori di Caivano, Giovanni Ludeno, Crescenzo Autieri, Antonio Vitale, il giovane e promettente Antonio Aversano abbiano nel loro DNA qualcosa degli antichi attori della Fabula Atellana? È una domanda che mi pongo seriamente.
Invasa dai Longobardi la nostra terra fu forse sottoposta a Sant’Arcangelo e successivamente fu teatro di lotta fra gli Angioini e gli Aragonesi, il cui re Alfonso, per conquistare il Regno di Napoli, assediò per tre mesi il castello di Caivano, fino alla sua resa.
Il percorso itinerante, iniziato a piazza Cesare Battisti, ha attraversato il castello, piazzetta S. Francesco e si è concluso nel palazzo De Falco-Capece ed ha visto sfilare in splendidi costumi d’epoca personaggi del ’400, ‘600, ‘700, ‘800 che hanno segnato la storia di Caivano e il cui ricordo è rimasto anche nella toponomastica del comune.
È il caso di Marino Delli Paoli, di nobile famiglia, vissuto nel 1400, apparso in piazza Cesare Battisti, imponente nella sua veste rossa di ecclesiastico, governatore di Todi, capo della diocesi di Fondi, uomo esperto, buono e portatore di pace.
Non poteva mancare, sempre del 1400, in un intreccio tra fede e storia, la narrazione del miracolo della Madonna di Campiglione, datato il 1483, nonché le attestazioni di devozione alla nostra Madonna, venerata in tutto il Regno di Napoli. A tal proposito, il dotto archeologo di Pozzuoli Giovanni Scherillo nel suo Memorie storiche di Caivano riferisce che nel 1852, accompagnato dal figlio, il futuro Re Francesco II, il Re di Napoli Ferdinando II con un esercito di 30.000 uomini fece visita al santuario, si recò a piedi nella chiesa e si prostrò in ginocchio davanti all’icona della Madonna.
La rappresentazione scenica del miracolo ha offerto agli spettatori momenti di commosso e intenso pathos: straziante è stata la preghiera della mamma di Pietruzzo, il condannato, alla Vergine, accomunata a lei dalla stessa sorte per la condanna ingiusta, inflitta all’incolpevole figlio. Il dolore della donna supera lo spazio e il tempo e assurge a dolore universale di tutte le mamme: quelle dei giovani condannati a morte della Resistenza, quelle dei desaperecidos dell’America latina, quelle di tanti giovani russi, mandati con tanta leggerezza a compiere ‘un’operazione speciale’ in Ucraina, e che, pena l’arresto, non possono manifestare pubblicamente il loro dolore per il mancato ritorno dei figli.
Ammirata e commossa, a questo pensavo quando la bravissima attrice invocava la grazia alla Madonna di Campiglione ed esprimeva la sua condanna per la pena di morte, purtroppo oggi ancora vigente in alcuni stati, perché “Dio può togliere la vita ad un cristiano, non gli uomini”.
Nella scena rappresentata all’interno del castello, una giovane coppia di contadini, allegri, laboriosi, innamorati ci ha riportato al ’600, ad una vita semplice, allietata da canti e balli, ma succube anche di una esosa pressione fiscale e delle angherie di un signorotto locale, il barone Barile, nome anch’esso presente nella toponomastica del comune, contro cui invano chiedono giustizia al viceré di Napoli, che infligge loro una brutta lezione per la rivolta messa in atto.
È appena il caso di ricordare che siamo nel ’600, il secolo di Masaniello a Napoli e dei Promessi Sposi, a Milano, in cui Manzoni descrive mirabilmente la società dell’epoca con le ingiustizie e le prevaricazioni sui deboli e gli indifesi: Caivano non fa eccezione.
A piazzetta San Francesco di Assisi ha fatto la sua comparsa un’altra gloria di Caivano: Niccolò Braucci, nato da famiglia benestante, vissuto nel ’700, il secolo dei Lumi, ambizioso, studioso di scienze naturali, di medicina, di botanica, ideatore del primo progetto dell’Orto Botanico di Napoli e compositore di una storia della Campania sotterranea.
Negli ultimi vent’anni, Caivano ha reso giustizia a questo suo illustre cittadino, dando il suo nome al liceo istituito nell’anno scolastico 1999-2000 come succursale del liceo scientifico Brunelleschi di Afragola e divenuto attualmente anche liceo linguistico, pedagogico, di scienze applicate, fiore all’occhiello non solo delle scuole di Caivano, ma anche del circondario.
Non poteva mancare l’Ottocento, rappresentato da due figure politiche completamente antitetiche, Angelo Faiola e Vincenzo Buonfiglio, impersonate magistralmente da due bravissimi attori di Caivano: Giuseppe Cerrone ed Alfredo Giraldi.
Contemporanei, entrambi sindaci: Faiola, primo sindaco dopo l’unità di Italia (1861) poeta, studioso, anticlericale, che però, al termine della vita, compone un poema sacro in onore della Madonna di Campiglione, mediante il quale spera di avere il perdono dal Vescovo.
Buonfiglio, di dichiarata e convinta fede monarchica, sindaco anche lui, ignorante, ma concreto e pragmatico, fisicamente, psicologicamente e culturalmente sembra anticipare la figura di Peppone, il mitico sindaco di Brescello. A lui si deve la costruzione a Caivano di un efficiente sistema fognario, sua è la regola d’oro, valida per ogni amministratore di ogni tempo e di ogni luogo:
“Non accettare compromessi. Non cedere ai ricatti. Fare tutto con amore e con il cuore”
Ed è proprio una bella lezione di un nostro antenato di circa 150 anni fa; egli muore infatti il 1897.
Ha concluso la narrazione dell’800 Antonio Vitale, che, in veste di attore, ha presentato il canonico Domenico Lanna, ecclesiastico caivanese, chiamato a svolgere la sua missione pastorale ad Aversa, ma talmente innamorato del suo paese, da approfondirne la storia e tramandarne la memoria, perché un popolo senza memoria non ha radici e non ha futuro: la riattivazione delle radici del nostro passato è, infatti, la linfa vitale per la costruzione del nostro futuro.
Per completezza di informazione, fuori della narrazione del canonico Lanna è stata presentata una simpatica scena del ‘900, a ricordo dell’infanzia trascorsa a Caivano da Peppino De Filippo.
Un tempo la nostra era una terra salubre con aria buona e donne sane e vigorose, che allattavano i figli dei signori. Peppino De Filippo visse a Caivano un’infanzia felice fino a cinque anni e mantenne così vivo il ricordo del nostro paese da dare il nome di “Caivanella” ad una sua villa romana.
Un plauso ad Antonio Vitale e ai suoi attori, tutti bravissimi, un ringraziamento particolare al costumista Pietro Rocco della sartoria Astro, per il gentile e tempestivo invio delle foto a corredo di questo articolo.
L’eccellente lavoro teatrale, agile e coinvolgente, curato in ogni particolare, di notevole spessore artistico, culturale, sociale, politico, dovrebbe essere portato in visione a tutti i cittadini di Caivano ed in particolare ai giovani nella scuola.
Data la franchezza che mi contraddistingue, non posso non esprimere il mio rammarico per la quasi totale assenza della classe politica e degli amministratori a questo meraviglioso spettacolo, il cui titolo ‘CAYVANUM FELIX’ ne preannunciava già il contenuto e l’importanza.
Quando si fa cultura autentica, quando si parla di Caivano, quando si mette in risalto la nobiltà delle nostre origini per stimolarci a contribuire al miglioramento non c’è ideologia o colore politico che tenga: si assiste! si partecipa! si applaude!
Così si dimostra l’amore per la propria terra.
Il sindaco ignorante dell’800, Vincenzo Buonfiglio, che non sapeva dell’esistenza di Victor Hugo, ma conosceva la regola d’oro ‘cuore e amore’, che dovrebbe essere la stella polare di tutti quelli che si prendono cura della cosa pubblica, ci ha dato una grande lezione di vita, che è e rimane sempre attuale.