La guerra in Ucraina e le sue radici

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Sento il dovere di intervenire nel dibattito aperto anche sul “Il Giornale di Caivano”, a proposito della guerra in Ucraina, causata dall’invasione dell’esercito russo.

Sono un’appassionata di storia, la disciplina scolastica più importante di tutte, perché segna, con la sua impronta, non solo gli eventi geo-politici ma l’arte, la cultura, la poesia, la scienza. Il suo studio è finalizzato, inoltre, a “favorire la presa di coscienza del passato, ad interpretare il presente, a progettare il futuro attraverso la conoscenza essenziale degli avvenimenti significativi, sia nella dinamica politico-istituzionale e socio-economica, sia in quella specificamente culturale” (Premessa ai NUOVI PROGRAMMI DELLA SCUOLA MEDIA del 1979).

Si vuole, in questo modo, fare giustizia di una moda ricorrente ancora oggi, quella del presentismo, per cui si valutano i fatti contemporanei attingendo, magari, solo dalla fuggevole ed emozionale cronaca quotidiana. Per tale motivo ho ritenuto utile ed opportuno far precedere le mie riflessioni sul momento attuale da un sintetico excursus storico; informo perciò i gentili lettori che la trattazione di tale argomento sarà articolata e richiederà pazienza ed attenzione.

              DAL 1945 AL 2000

LA NATO E IL PATTO DI VARSAVIA

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale (1945) il mondo fu diviso in due blocchi contrapposti, che rappresentavano interessi diversi ed impersonavano concezioni diverse del vivere sociale e della democrazia.

Patto di Varsavia

Ci fu così la suddivisione in due sfere d’influenza politico-militare, con due schieramenti contrapposti di alleanze:

la NATO (1949) attorno agli USA, che aggregò a sé l’Occidente con aiuti militari ed economici (Piano Marshall) e con la diffusione di un forte clima ideologico anticomunista.

Il PATTO DI VARSAVIA (1951) con cui l’Unione Sovietica impose la propria egemonia sull’Europa Orientale determinandone la sovietizzazione.

Iniziò così la guerra fredda, che determinò un clima di sospetto tra i due blocchi ed una situazione di continuo pericolo per la pace.

Con la morte di Stalin nel 1953 e la successiva destalinizzazione dell’Unione Sovietica, le asprezze della guerra fredda si attenuarono e, in pochi anni, si passò all’idea che, nonostante il contrasto di fondo tra i due tipi di società che USA e URSS rappresentavano, questi blocchi potessero coesistere e mantenere la pace nel mondo.

I FAUTORI DELLA PACE

Tre uomini soprattutto diedero consistenza alle prospettive di coesistenza pacifica tra il regime di tipo borghese occidentale e quello di tipo comunista orientale:

Il sovietico Kruscev, il presidente degli Usa, Kennedy e Papa Giovanni XXIII, che con il Concilio Vaticano II, favorì l’avvicinamento delle varie religioni che si richiamavano alla predicazione cristiana e, con l’Enciclica Pacem in Terris, sostenne l’imprescindibile necessità della pace. In questo clima poté essere superata, sia pure con gravi tensioni, una pericolosa crisi internazionale, apertasi con l’installazione a Cuba, l’unico paese socialista del continente americano, dei missili sovietici.

L’ UNIONE EUROPEA

Inizia, intanto, negli anni Cinquanta anche l’avvio dell’Unione Europea e, dopo la firma di alcuni trattati di natura economica, sei stati (Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi) pongono le basi per la futura integrazione anche a livello politico.

Tale integrazione riceve un significativo sviluppo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del Duemila; attualmente si contano 27 paesi aderenti all’Unione Europea.

DECADENZA E CROLLO DELL’URSS

In URSS il sistema politico post-staliniano aveva sì garantito ai Russi sicurezza economica (lavoro, casa, istruzione, sanità), a fronte però di un tenore di vita molto basso. A tale proposito ricordo ancora la grande delusione di mio marito Peppe Crispino al ritorno da un viaggio a Mosca nel 1985 per le modestissime condizioni di vita dei Russi.

Tale situazione determinò nei paesi del blocco orientale Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Repubbliche Baltiche, ormai più evolute ed acculturate, movimenti di riforma e di aperta contestazione del sistema sovietico, stroncati militarmente dal governo dell’URSS (1956 in Ungheria, 1968 in Cecoslovacchia).

la caduta del muro di Berlino

Tra gli Anni Sessanta e la fine degli Anni Ottanta, intanto, mentre si andava aggravando la situazione dell’economia dell’URSS, fiaccata dalle enormi spese per gli armamenti, la società civile altamente urbanizzata e scolarizzata non trovava nel sistema politico sovietico alcuna possibilità di crescita e maturazione. Fallito il tentativo di modernizzazione di Gorbaciov, i conservatori interessati a mantenere lo status quo, i burocrati corrotti, gli oligarchi avidi e senza scrupoli determinarono la definitiva decadenza dell’URSS, che ebbe come conseguenza, tra il 1989 e il 1991, la caduta del muro di Berlino e la formazione delle repubbliche autonome di Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Repubbliche Baltiche, Repubblica di Ucraina, di Bielorussia, di Russia.

 ASCESA DI PUTIN

Nel 1998 si verificò l’evento più drammatico della storia della Russia: il crollo finanziario, il rublo svalutato del 300%, il collasso di tutte le istituzioni pubbliche, lo stato russo sull’orlo della bancarotta. Fiorisce l’illegalità, si diffondono le mafie, gli oligarchi e i corrotti burocrati accumulano ingenti ricchezze, che non vengono investite nel paese, ma dirottate nei paradisi fiscali, nell’acquisto di preziose dimore all’estero, di lussuose imbarcazioni.

Nel 2000 il presidente Boris Eltsin, incapace di gestire la situazione, debilitato fisicamente e politicamente anche per l’emergere di numerosi scandali, passa la mano al suo ex primo ministro, l’ultra-nazionlista Putin uscito vincitore, nelle elezioni presidenziali dello stesso anno, sul comunista Ziunganov.

24 FEBBRAIO  2022 ore 4:00

Missili aerei, bombe a grappolo, terribili esplosioni segnano drammaticamente il risveglio degli Ucraini. In pochi giorni viene conquistato il Donbass, regione a sudest dell’Ucraina, ove si costituiscono le repubbliche autonome di Donetsk e Luhansk, ufficialmente riconosciute da Putin con l’apposizione della sua firma sulla dichiarazione d’Indipendenza trasmessa dalle televisioni di tutto il mondo. L’Ucraina è sconvolta; Zelensky e il suo popolo coraggiosamente decidono di non arrendersi e di resistere ad oltranza; il mondo intero pensa che Putin si fermerà come avvenne nel 2014, dopo l’invasione della Crimea.

Mariupol bombardata

Ma, già dopo qualche giorno, si ha netta la percezione che “lo zar” Putin non si accontenterà. Le sirene continuano a suonare senza interruzione, seguite da incessanti bombardamenti su tutte le principali città ucraine; file di profughi disperati cominciano a mettersi in marcia verso il confine occidentale.

In Europa e nel mondo intero si seguono gli eventi con angoscia, si studiano e si applicano sanzioni economiche sempre più dure, che, si sa, agiranno come un boomerang; si rafforzano militarmente le zone di confine.

Le città appaiono devastate, sventrate; cumuli di macerie e cadaveri di civili e di militari sono sparsi per le strade; la furia della guerra non risparmia edifici privati, scuole, teatri, moschee, ospedali anche pediatrici; si mettono in pericolo perfino centrali nucleari. Si compiono veri e propri crimini contro l’umanità, denunciati dall’ ONU alla Corte dell’Aia col voto contrario dei giudici russo e cinese.

Inizia la fase dei negoziati, l’avvio di corridoi umanitari realizzati spesso con grande pericolo per il mancato rispetto del “cessate il fuoco”, vere e proprie evacuazioni, che preparano la distruzione delle maggiori città ucraine.

Zelensky, fiero ed indomito come il suo popolo, invita i suoi a resistere e fa appello a tutto il mondo occidentale perché si chiuda lo spazio aereo sul cielo dell’Ucraina per evitare la carneficina dei suoi.

Le nazioni europee e l’ONU si prodigano senza sosta nell’accoglienza dei profughi e nell’invio di aiuti umanitari e militari. Si muovono, ma finora invano, alcuni canali diplomatici, mentre la Cina che mantiene ottimi rapporti con la Russia, sta ostentando un’ambigua neutralità, convinta dell’accerchiamento della Russia da parte della NATO.

I GRANDI DELL’OCCIDENTE

Riuniti qualche giorno fa per discutere della guerra, si sono esibiti nella lussuosa reggia di Versailles, tra lo sventolio di bandiere, offrendo uno spettacolo di “grandeur”, che stona parecchio con il drammatico momento storico che stiamo vivendo.

DI CHI LE RESPONSABILITA’?

  •       Putin è un folle con delirio di onnipotenza?
  •       La NATO, che ha accolto nella sua orbita i paesi aderenti precedentemente al Patto di Varsavia, costituisce un pericolo per la Russia?
  •       Le nazioni europee, mostrando una miope visione politica, hanno chiuso gli occhi e hanno tollerato l’espansionismo russo, il massacro dei Ceceni nel 1999, l’occupazione della Crimea nel 2014?

Cercheremo di rispondere ai tre interrogativi con pacatezza e obiettività.

  •    Dopo un periodo molto travagliato della storia della Russia, come abbiamo prima accennato, nel 2000, Putin, subentrato ad Eltsin come presidente della repubblica russa, offre l’immagine dell’uomo forte, l’uomo della provvidenza, di cui la disorientata Russa ha bisogno sia nel campo internazionale, che sul piano interno. La sua politica di acceso nazionalismo, lucida, spietata, ispirata all’idea di un rafforzamento delle istituzioni e della ricostruzione dell’impero russo, gli ha creato vasto consenso interno soprattutto dei burocrati e degli oligarchi corrotti e ricchissimi.                       La guerra di Putin all’Ucraina, segnale inequivocabile di una lucida azione militare contro la libertà e la democrazia occidentale, è approvata anche dalla Chiesa ortodossa russa, sempre prona al potere politico e considerata una crociata contro gli infedeli e gli omosessuali occidentali. Suscitano orrore le parole di incoraggiamento a Putin di Kirill, patriarca della Chiesa di Mosca. Quanta differenza con l’ininterrotto grido di dolore di Papa Francesco: “Signore, perdonaci la guerra! Ferma la mano di Caino!”.
  •      La Polonia, l’Ungheria, la Cecoslovacchia, le Repubbliche Baltiche, sotto il giogo dell’URSS dalla fine della seconda guerra mondiale, non sono state costrette con la forza ad aderire alla NATO, ma hanno liberamente scelto, tra la fine degli anni Ottante e i primi anni Novanta, l’adesione al mondo occidentale e ad un modello di società più libero e democratico. Non si può sottacere però lo sconcerto per i toni polemici del presidente degli Usa nei confronti di Putin e per le sue recenti dichiarazioni di invio di armamenti americani in Ucraina già da un anno. Tutto ciò certamente non giova alla distensione ed al negoziato di pace che faticosamente si cerca di portare avanti.
  •      Grave è apparsa la responsabilità delle nazioni europee che hanno chiuso gli occhi difronte all’escalation militare di Putin in cambio del gas e del petrolio russo, offerto ad un prezzo di gran lunga inferiore rispetto a quello proveniente da altri siti.
Il fungo di Hiroshima

Sicuramente molteplici sono le responsabilità per quello che sta avvenendo in Ucraina e potrebbe accadere in futuro anche altrove. Nulla però può, in alcun modo, giustificare la tremenda carneficina, l’immane devastazione e i feroci crimini commessi dai Russi contro un paese libero,  che sta dando prova di coraggio e di eroismo, suscitando notevole ammirazione in tutto il mondo.

Grave è il pericolo di una catastrofe nucleare che incombe sull’umanità e che non vedrebbe nessun vincitore, ma solo vinti.

L’attentato di Sarajevo e l’occupazione nazista della Polonia furono le scintille che determinarono gli eventi più drammatici del Novecento: la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

Facciamo voti perché la guerra in Ucraina non segni l’inizio della fine dell’umanità intera.

 

 

2 COMMENTS

  1. Cara Franca,
    il tuo articolo come sempre è chiaro e puntuale sia nelle conclusioni, che nella ricostruzione storica di quanto avvenuto nel mondo nella seconda metà del secolo scorso e nel periodo successivo. Io condivido il tuo giudizio sulla storia che non è solo magistra vitae, come ci insegna Tacito, ma è anche uno strumento formidabile per comprendere il presente e aiutare i popoli ad orientarsi nelle loro scelte per il futuro. Einstein, con la sua capacità di anticipare gli eventi, ebbe a dire che dopo una eventuale terza guerra mondiale, la quarta sarebbe stata combattuta, in caso di sopravvivenza della specie umana, con le clave; ed aveva ragione ! Perciò hai fatto bene ad indicare ai tuoi lettori l’obbiettivo della pace come bene irrinunciabile. Esso deve guidare non solo le azioni nostre e dei popoli dell’occidente, ma anche di quei russi che desiderano diventare cittadini del mondo, mettendo da parte un superato nazionalismo che non promette nulla di buono. Certo l’ostacolo principale a tale disegno è la politica di Putin e non solo. Anche gli stati Uniti devono fare dei passi nella direzione della rinuncia a disegni imperialistici che ostacolano la integrazione tra i popoli. Voglio sperare che anche il convitato di pietra e cioè la Cina, nella sua ricorsa al primato economico nel mondo, voglia ispirarsi ad un percorso che vada nel segno della cooperazione e collaborazione anche con i paesi dell’occidente. Insomma tutti devono condividere quanto hai voluto sottolineare e cioè che la pace è un bene per tutti e la guerra un male assoluto. Grazie a nome mio e di quanti vorranno unirsi a te in tale compito

  2. Carissima professoressa, mentre leggevo l’articolo per un momento sono tornata ad essere una ragazzina delle medie che rimaneva affascinata dalle sue spiegazioni che fossero di storia o di altro …ci diceva sempre che la storia non è solo lo studio del passato ma è essenziale per capire come e perché siamo quello che siamo come individui ma sopratutto come società; la sua analisi della più o meno recente storia russa, puntuale e attenta come sempre, non fa che confermare che senza la conoscenza e la memoria di ciò che è stato siamo come una costruzione eseguita senza fondamenta. La società in cui viviamo è molto complessa e condivido pienamente il suo pensiero sulle responsabilità di questa guerra. Naturalmente osservare che il presidente degli Stati Uniti abbia in più di un’occasione gettato benzina sul fuoco o evidenziare una certa ipocrisia dell’Europa (alcune banche russe fuori dal sistema “Swift” ma ovviamente non quelle dove avvengono le transazioni per l’acquisto del gas) non significa non essere pienamente consapevoli della gratuità dell’aggressione voluta da Putin nei confronti di un paese libero e indipendente. Il momento è gravissimo e mette in pericolo il mondo così come lo conosciamo…per questo è fondamentale che si faccia qualunque sforzo per far tacere le armi al più presto. Se solo noi uomini imparissimo davvero del passato, forse avremmo capito da tempo che la forza delle parole è molto più potente di quella delle armi.

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