‘O Mammon’ e Sant’Arcangelo, storia di un mostro

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Sant’Arcangelo, insieme a Pascarola e Casolla, era una delle tre frazioni di Caivano. Il villaggio si trovava al centro del bosco, di cui attualmente rimane ancora un avanzo del castello Baronale, e una cappella rurale sconsacrata dedicata al santo.

Rispetto a Pascarola e Casolla, Sant’Arcangelo è il borgo più antico, infatti esistono degli scritti che lo fanno nascere avanti cristo anteriore alla civiltà romana.

Fino al 1787, il bosco era murato ed abbondava di acque stagnanti attraversato da lunghi stradoni e chiuso con cancelli di ferro ed era pieno di capre, cinghiali, lepri e tantissime varietà di uccelli, tante che fu scelto come tenuta di caccia di Carlo III e Ferdinando II Di Borbone, re di Napoli.

Nelle vicinanze del distrutto villaggio, nel passato furono scoperte delle tombe preromane piene di vasi di creta, monili e monete antiche . Nell’ XI secolo il bosco diventò una pericolosa palude a causa del Clanio, ruscello che dal monte Mefite attraversando il territorio di Nola e di Acerra, taglia in due la nostra contrada, prima della bonifica effettuata dall’architetto Giulio Cesare Fontana nel 1787.

Per questa sua pericolosità divenne luogo ideale per ladri e malfattori, i quali si nascondevano sulle poche superfici sopraelevate, raggiungibile soltanto da chi era un profondo conoscitore della zona.

Fu proprio uno di loro detto ‘O mammon’ che si macchiò di orrendi crimini, specialmente nei confronti dei bambini. A quei tempi, nelle case di contadini e meno ambienti quasi sempre di un solo locale vivevano anche 10 persone ed era facile che in quella situazione promiscua, le femminucce erano costrette a subire molestie, a volte anche dai propri fratelli e quando un mostro di allora veniva colto sul fatto, adesso si chiamano pedofili, al massimo subiva l’ira dei genitori, e non c’è da meravigliarsi, ricordando che in quel periodo esisteva (Loius prime noctis) nello specifico significava che ogni ragazza che convolava a nozze era costretta a passare la prima notte con il regnante del momento, presentandosi a costui vergine, per non essere punita e dileggiata, un evento traumatico, che il più delle volte, l’interessata portava con sé per tutta la vita.

Stupri, a volte, perpetuati da cortigiani scelti dal sovrano per compensarli dalle “corna a loro arrecate” essendo mariti consapevoli delle favorite del re. ‘O mammon’ lo si descriveva come un gigante alto, quasi 1.90, quanto allora gli uomini di rado superavano 1.60.

Dall’immaginario collettivo alla storia…

Questo energumeno, a cadenza, adescava bambini che non venivano più ritrovati. Un giorno fu sorpreso da un genitore a violentare il proprio figlioletto che purtroppo morì per la violenza subita, scappò e si rifugiò in nella palude, non fu più ritrovato.

Se non nel XIV secolo quando venne alla luce un rudere ed all’interno furono trovate le ossa di decine di bambini e quelle dello stupratore, a proposito del Mammone la storia più vicino a noi ci tramanda un altro losco personaggio con questo cognome di nome Gaetano Mammone, originario di Sora dove esercitava il mestiere di mugnaio, insieme a Michele Pezza, De Cesare, Pronio e Pane di grano, briganti dell’epoca definiti politici, poiché assoldati dai Borboni per combattere e punire chiunque si professasse a favore di francesi e di Giuseppe Buonaparte, fratello maggiore di Napoleone e da questi nominato re di Napoli dal 1806 al 1808.

In queste vesti si ricorda un mostro orribile, di cui difficilmente se ne trovano uguali, infatti in appena due mesi a capo di un centinaio di sottomessi con i gradi di generale nella sola sua città natia fece fucilare 250 contadini, saccheggio ed incendiò le abitazioni rurali, violentò donne e bambini, gettò nei carceri tutti coloro che cadevano nelle sue mani.

E forse proprio in rifermento ai personaggi evidenziati che ancora tutt’ora si può sentire qualche nonnina rivolta ai propri nipotini: fate i bravi altrimenti stanotte vi prede il mammone.

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