Il rapporto conclusivo dell’Istituto superiore di sanità frutto dell’accordo siglato nel giugno del 2016 con la Procura di Napoli Nord, presentato ieri dal procuratore Francesco Greco, dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e dal procuratore generale di Napoli Luigi Riello conferma quello che la gente, tra Caserta e Napoli, sa da anni: c’è relazione tra il disastro ambientale provocato dalla criminalità e malattie.
Don Maurizio Patriciello uno dei primi ad insistere e lottare per dimostrare che la morte che arrivava nei nostri territori era dovuta all’inquinamento ha ricordato nelle ultime ore la visita al presidente della Repubblica nel 2014 con le mamme della ‘Terra dei Fuochi’, Tina qualche mese dopo ebbe lo stesso destino del figlio.
‘Era felice, quella mattina, Tina, quando, impacciati e infreddoliti, varcammo il portone del Quirinale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva voluto incontrarci. Eravamo 13 mamme-orfane e io. Napolitano ascoltò le loro storie, si commosse, pianse. Era il 22 gennaio del 2014. Nella nostra ingenuità credemmo di essere giunti a una qualche soluzione. Purtroppo, anche Tina se n’ è andata colpita dallo stesso male che si era portato via il suo bambino. Il cancro a Caivano, e nei paesi limitrofi, non ha mai smesso di colpire. In questo tempo di pandemia, ovviamente, le cose si sono aggravate. Sono stati, questi, anni faticosi, in cui la stanchezza, lo sconforto, la rabbia, sovente, avrebbero voluto il sopravvento sull’impegno e sulla speranza.
Non sono un ambientalista, sono un prete, la mia missione è quella di annunciare il vangelo, vivere la carità, ravvivare la speranza. Per un disegno della Provvidenza fui inviato a fare il parroco proprio a Caivano, la cittadina che, con Giugliano, è al primo posto tra i centri della terra dei fuochi dove più alta è l’incidenza tumorale. Lo scempio ambientale e sanitario lo vivo sulla mia pelle. Ho dovuto accompagnare al camposanto decine di parenti, amici, conoscenti, parrocchiani, bambini, tutti morti per cancro, leucemia o patologie collegate allo smaltimento illegale degli scarti industriali.
La lotta, purtroppo, era appena cominciata; se è riuscita a superare i confini regionali è stato soprattutto grazie ad “Avvenire” che seppe mettersi in ascolto della nostra gente. I negazionisti non tardarono a farsi avanti. Ce n’erano di tutti i tipi. Negava Cipriano Chianese, condannato a 18 anni di prigione, ricco proprietario di una discarica per rifiuti urbani a Giugliano nella quale, di notte, venivano occultate tonnellate di scarti industriali altamente nocivi per la salute. Negavano i fratelli Pellini, due imprenditori e un carabiniere, di Acerra, anch’essi condannati, ai quali, tra l’altro, furono sequestrati centinaia di milioni di euro. Negavano i camorristi, i loro prezzolati periti e quegli industriali disonesti che con essi facevano affari d’oro.
A tentare di ridimensionare lo scempio, troviamo, poi, tanti politici, scienziati, medici. Collusione e corruzione, ignavia e noncuranza si sono rivelati micidiali. Lo zoccolo duro in questa lotta, impari e devastante, rimanevano la Chiesa campana, i medici per l’ambiente e quei volontari che in un piovoso pomeriggio di novembre del 2013 avevano sfilato a Napoli con almeno 100.000 persone. Come spesso avviene, si è cercato di colpire il pastore per disperdere il gregge. Era d’altronde facile zittire un prete e i volontari che lo seguivano, bastava intorpidire le acque, bastava una semplice, ironica, calunnia. Ed ecco, arrivare le infamanti accuse di avere rovinato l’economia agricola, di fare inutili allarmismi.
Si iniziò a parlare della “bufala della terra dei fuochi”, si disse che “ la terra dei fuochi non esiste”, che “di cancro si muore dappertutto”. E via mentendo. Noi non abbiamo mai avuto dubbi, nei nostri paesi il cancro colpisce più e peggio che altrove, e questo anche grazie ai fetori che andiamo respirando, ai roghi dei cumuli di immondizie, ai rifiuti interrati e riportati in superficie dalle ruspe dell’allora generale della Forestale, Sergio Costa.
La procura di Napoli nord è a pochi passi dalla cattedrale di Aversa. Tra il vescovo della diocesi, Angelo Spinillo, il clero aversano e il procuratore Francesco Greco, e il suo braccio destro, Domenico Airoma, c’è stato in questi anni un dialogo costruttivo, una collaborazione limpida, il desiderio di lavorare insieme per giungere a mettere fine a questa terribile strage degli innocenti. E proprio dalla Procura di Napoli nord, insieme all’Istituto superiore di sanità, due autorità indiscusse in materia, è arrivata la conferma che tra lo smaltimento illegale e assassino dei rifiuti e l’insorgenza di patologie tumorali, leucemiche e malformazioni congenite, c’è una relazione causale o almeno una concausa. Il famoso nesso di causalità, sempre deriso e negato, è stato finalmente ammesso. Da oggi, quindi, coloro che hanno interessi nel continuare a negare lo scempio ambientale e sanitario della terra dei fuochi, dovranno fare i conti non più con un prete e una schiera volontari ma con la Procura di Napoli nord e con l’Istituto superiore di sanità.
Avevamo ragione; purtroppo, avevamo ragione. Amara consolazione, avremmo preferito avere torto. Adesso che la diagnosi esatta è arrivata speriamo che presto giungano le terapie appropriate. Sarebbe anche bello che, in un impeto di onestà e di dignità, i negazionisti di ieri e di oggi si facessero avanti per chiedere perdono non a noi, ma ai nostri morti e ai nostri ammalati.’