“Arete a Scott”– rione a via Scotta, il luogo è menzionato già negli annali storici del 1656 quando Napoli e provincia furono invase dalla peste bubbonica, infezione addebitata alla plebe napoletana, ai cosiddetti lazzari, che erano costretti a vivere nelle grotte, nei fondaci, per strada senza cibo né acqua che desse loro un po’ di igiene. Sfruttati e vessati dalle famiglie agiate, i quali, per loro effettuavano lavori più umili, ebbero modo di ammalarsi di più.
L’epidemia che falcidiò quasi tutta la popolazione partenopea, travolse anche Caivano, che pagò un immane tributo con decine di appestati, i quali prima di morire, venivano ammucchiati in capannoni detti “lazzaretti” proprio in riferimento ai lazzari nel nostro paese. Se ne aprirono due, uno nelle terre di Cesare Laurenza, l’altro in quello degli Angelino, famiglie proprietarie di quasi tutte le terre del posto.
Perché “Scotta”? Leggenda vuole che ad assistere amorevolmente i caivanesi moribondi fu un medico nolano, di cognome “Scotta”. Il rione cominciò ad essere edificato ad inizio 900. Attualmente, lo compongono metà di via Colanton Fiore, via Cimarosa, via Monteverdi, via Donizetti, via Marconi, via Puccini, via Adda, via Strauss, via Luca Giordano, via Ticino, via De Chirico, via Boito, via Falluti, via Foscolo, via Giusti, via Zanella, via Garigliano, via Rossini, via Palestrina, via Peppino Impastato “Bond o vic e Serrao” via Garibaldi.
Perché Serrao? In origine, questa famiglia fu la prima a fabbricare nel posto dopo l’abbattimento delle mura perimetrali e proprio in riferimento al cognome dei residenti, per evidenziare dove non abitavano non usarono più “dint e frarec nov” ma “mbond o vic e Serrao”.
Ad animare la strada, già da metà 800 trovavi o’conciatano ovvero l’uomo che riparava stoviglie di creta, o’ zuccularo venditore di zoccoli di legno, a’ putec e Razzitella, a putec e Rumminicio Carafano, a cantin e Pulucinell a questa strada mi legano ricordi giovanili, perché ci abitava la mia nonna materna e quando andavo a trovarla nei pressi della piccola piazzetta dove era ubicata la cantina, era facile incontrare bevitori di vino che barcollavano ed io ero solito dire loro che bere tanto vino faceva male alla salute e alla tasca.
Dietro questi miei consigli, il cantiniere ogni volta che mi vedeva arrivare, esclamava: “E’ arrivat Cutugno”. Allora non capivo il significato di quella esclamazione, poi con il tempo scoprii che in senso burlesco mi paragonava a Domenico Cotugno (1736 – 1822) l’ anatomista che localizzò il liquido cefalo rachidiano e la presenza di albumina nelle urine e dopo la sua morte il più grande ospedale di malattie infettive del meridione è intitolato con il suo nome, ovvero l’Ospedale Cotugno.