Ogni giorno, implacabilmente, ci tocca assistere al bollettino di guerra diramato dalla Protezione Civile che ci da la misura della tragedia che sta attraversando il Paese. I contagiati, guariti, in terapia intensiva, i morti (in numero spaventoso). L’arida statistica dei numeri ci dice che a morire sono soprattutto anziani fra i 70 e 80 anni, non mancano però persone più giovani.
Questo indurrebbe a pensare che i giovani vanno esenti da questa arbilità.
E’ vero solo in parte, i giovani e le persone in buona salute che contraggono il virus hanno più possibilità di cavarsela, ma si ammalano lo stesso.
Il Covid 19 sta falcidiando gli anziani in tutta italia, in particolare al nord, intere vallate sono state spopolate. In molte case di riposo il virus dilaga senza possibilità di contenimento.
Quando muore un anziano è un giacimento di esperienza, di storia che viene ad essere prosciugato. Si rompe il rapporto fra generazioni, non c’è più la trasmissione di valori, di consuetudini, di saperi.
Dobbiamo proteggere i nostri anziani tenendoli al riparo dalle mille insidie di questo subdolo virus.
Gli anziani sono il nostro passato, ma anche il nostro presente.
Ci hanno insegnato a star al mondo, ci hanno protetti e cresciuti. hanno insegnato ai nostri figli, ci hanno fatto dono della loro saggezza e nel bisogno ci hanno dato i loro risparmi. Infine hanno rappresentato la memoria del 900.
Nessun testo di storia, nessun saggio mi potrà restituire la dimensione della guerra, della miseria e le ristrettezze se non i vividi racconti di un anziano.
Nessuno mi potrà restituire l’orrore delle guerre se non le recitanti parole di chi è andato, attraversando la tundra russa in pieno inverno lasciando dietro di se migliaia di compagni congelati.