di ANTONIO BOTTA
Angelo, un ragazzo sedicenne di Casoria, tetraplegico dalla nascita, con gravissime compromissioni sensoriali (ne é immune solo l’udito) ha urgente bisogno, essendosi aggravate le sue già precarie condizioni di salute, di un immediato ricovero presso un centro specializzato di Siena, dove periodicamente, fin da piccolo, vi si è recato per analisi e trattamenti terapeutici adeguati alle sue condizioni di salute. L’ultimo ricovero, programmato dall’equipe medica che lo segue, è finalizzato a capire le cause dello stato di aggravamento e di stabilire le cure che si rendono necessarie.
La madre, la signora Titti, ha dovuto sempre lottare come una leonessa perché il Comune assicurasse ad Angelo, cittadino casoriano con disabilità, il diritto di viaggiare in un veicolo attrezzato per il trasporto di suo figlio, steso su una speciale carrozzella, a rischio di crisi epilettiche, con catetere e somministrazione giornaliera di flebo necessaria per l’idratazione dell’organismo.
Questa volta, la battaglia dei genitori di Angelo appare ancora più dura: alla loro sacrosanta richiesta di ottenere quanto spetta al figlio per affrontare il viaggio per Siena, così da poter essere garantito nel suo diritto costituzionale alla salute, il Comune, tramite la dirigente del settore, ha risposto con un fermo e risoluto diniego all’autorizzazione di concedere il veicolo.
Tre domande sorgono, allora, spontanee: “Perché nel passato, pur dopo iniziali difficoltà, è stata esaudita la richiesta dei genitori e ora il rifiuto è netto? Perché le procedure burocratiche sono anteposte dall’Ente Locale a un diritto inalienabile alla cura, a maggior ragione se tale diritto riguarda una persona in una grave situazione di handicap? Ci dovrebbe essere un fascicolo per Angelo al Comune: perché manca un progetto “ad personam”? Di fronte alla persona diversamente abile occorre necessariamente assumersi delle responsabilità. E si sa che l’assunzione di responsabilità caratterizza la persona matura (in tal caso, il Comune di Casoria, garante del Bene comune) che risponde in questo modo al richiamo impellente che proviene da suo intimo.
Questa considerazione non è caratterizzata da “buonismo” o da una certa buona volontà, o dal rispetto di una pratica formale, ma attinge a una dimensione ontologica che riguarda tutti. Invece, come spiegano i genitori di Angelo, l’atteggiamento dei referenti dei servizi sociali appare il più delle volte caratterizzato da soverchia attenzione ai cavilli burocratici e scarsa compartecipazione ai bisogni da loro espressi per il figlio.
Purtroppo é mancato il senso di responsabilità e di umanità dell’amministrazione locale, senso di responsabilità inteso come risposta in termini di cura e di assistenza, che si configura come un “dover fare” per realizzare il “dover essere” della persona disabile. Alla pressante richiesta della madre di Angelo, la Dirigente di settore e tutta la Giunta, per senso di responsabilità, non potranno che rispondere con un forte “Sì”, senza “se” e senza “ma”.