Svolta nel caso Fortuna. Caputo svuota il sacco e incolpa la Fabozzi

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CAIVANO – Omicidio Fortuna Loffredo. Raimondo Caputo, il presunto assassino di «Chicca», ha accusato Marianna Fabozzi, la  sua convivente, di avere gravi e precise responsabilità sulla morte del figlio, il piccolo Antonio Giglio, il bimbo di tre anni precipitato dall’isolato 3 delle palazzine popolari Iacp del Parco Verde di Caivano, la sera del 27 aprile del 2013, e di aver ucciso allo stesso modo anche Fortuna. Accuse che sarebbero state confermate in mattinata, come persona informata sui fatti, e quindi senza l’assistenza di un legale, davanti ai magistrati della Procura di Napoli, titolari dell’inchiesta sulla morte del bambino. Accuse, che naturalmente, ora dovranno essere confutate da prove oggettive.

Accuse che il presunto orco, aveva già preannunciato nei giorni scorsi, per ben tre volte all’avvocato Salvatore Di Mezza, legale anche di Marianna Fabozzi, indagata al momento solo di concorso in violenze sessuali commesse da Titò ai danni delle  figlie, le stesse che hanno accusato Raimondo Caputo di essere l’orco e l’assassino di Fortuna nel corso della drammatica udienza dell’incidente probatorio. Per questo e di fronte a un evidente conflitto di interesse, l’avvocato Salvatore Di Mezza ha rimesso il mandato ricevuto da Raimondo Caputo, mantenendo però quello per Marianna Fabozzi.

E Titò  ora  ha affidato la sua difesa all’avvocato Paolino Bonavita del foro di Nola. Insomma, come aveva già preannunciato  al «Il Mattino», il muro di omertà che aveva tenuto insieme Raimondo Caputo e la sua convivente Marianna Fabozzi, si è improvvisamente sgretolato, lasciando ampi squarci a nuovi e inquietanti scenari in una inchiesta che di fatto sembrava davvero essere arrivata al capolinea. Scenari che inevitabilmente conducono ad  un filo unico che lega la morte di Antonio Giglio a quella di Fortuna Loffredo, avvenute in quell’osceno ventre molle della rete dei pedofili dell’isolato 3 delle palazzine popolari Iacp del Parco Verde.

«Ho chiesto alla mia assistita, che ora è detenuta nella casa circondariale di Benevento il perché di quelle accuse, giunte solo ora – commenta con amarezza l’avvocato Di Mezza – Lei mi ha risposto con un disarmante “non lo so”. Però nonostante questo colpo basso, Marianna mi ha, ancora una volta  confermato che Titò con la morte di Fortuna, davvero non c’entra nulla».

Marco Di Caterino (Il Mattino)

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